In 45mila ieri sera al San Paolo per il live tribute a Pino Daniele.
Un evento pensato sin dal giorno dell’ultimo saluto al grande “Nero a metà” e che ha richiesto, come sottolineato dagli organizzatori in conferenza stampa, ben tre anni di pianificazione in quanto risultava complicatissimo il perfetto avvicendamento di artisti, tre band e testimonianze di amici.
Presenti in tribuna stampa il Presidente del Calcio Napoli, Aurelio De Laurentiis, quello del Coni Giovanni Malagò ed il sindaco di Napoli Luigi De Magistriis che si è detto “orgoglioso ed emozionato per un evento straordinario”.
Una cinquantina gli artisti coinvolti, attesi sin dalla mattina, prima in code chilometriche fuori le entrate e poi all’interno dello stadio di Fuorigrotta, da una folla festante accorsa, non solo da qualsiasi quartiere della città ma da tutta Italia, per quello che si attenteva fosse ed infatti è stato “il più grande tributo live della musica italiana”.
Maurizio Salvadori della Trident Music ha spiegato quanto sia stata massiccia l’adesione, al punto da dover dire dei “no” per lasciar calcare il palco solo a quelli cheavevano condiviso un pezzo di strada con Pino.
Così come precisa è stata la scelta della Rai di rinunciare alla conduzione per non interrompere il clima magico che certamente si sarebbe creato al San Paolo, trasmettendo semplicemente l’avvicendamento degli artisti, dei filmati che raccontavano la filosofia musicale di Pino Daniele e i ricordi legati a Massimo Troisi, e dei narratori come Pierfrancesco Favino, Giorgio Panariello, Vincenzo Salemme ed Alessandro Siani.
Ad aprire il concerto è stato Jovanotti, dietro di lui un vero e proprio esercito della musica italiana: Eros Ramazzotti, Paola Turci, Gianna Nannini, Giuliano Sangiorgi, Francesco Renga, Emma Marrone, Biagio Antonacci, Claudio Baglioni, Alessandra Amoroso, Elisa.
Via via che le canzoni venivano snocciolate, sui social impazzavano i commenti di gradimento e di bocciatura: da un lato gli integralisti del dialetto partenopeo decisi a non tollerare l’evidente difficoltà non solo linguistica ma anche e soprattutto emozionale di alcuni big del panorama italiano, dall’altro i fautori dell’applaudire sempre e comunque l’intento originario e lo scopo solidale della serata.
“A Mantené ‘o carro p’ ‘a scesa” ci pensano James Senese, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Enzo Gragnaniello, abilissimi a colmare il divario tra passato e presente.
Apprezzabile la ricerca operata dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare con Tony Cercola e Raiz, perfettamente tarati sul brano Donna Cuncetta.
Riuscito il connubio tra Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e l’attore Marco D’Amore. Bello l’accostamento tra musica e il collage di frasi tratte dai brani di Pino.
Certo, alcune voci hanno magistralmente onorato “Pinuccio”. Come non restare incantati da Giorgia e dalla sua versione di Questo Immenso? Come non apprezzare la classe della Signora Mannoia? Lei, eterea e composta, preparatissima tanto sulla pronuncia del dialetto quanto sul coinvolgimento interiore necessario per cantare Pino.
Per non parlare del duetto De Gregori-Avitabile, un momento di pura magia in cui diventa possibile addirittura “contaminare” una intoccabile Generale.
Gioca in casa Irene Grandi proponendo il duetto Se mi vuoi. Scelta azzeccata anche quella di Antonello Venditti che decide di cantare la sua Notte prima degli esami, per poi raccontare un’aneddoto che svela l’indole giocosa e “pazziarella” dell’amico scomparso: una volta Pino gli ha regalato un set completo per tintura di capelli.
Commozione profonda con Massimo Ranieri, bravissimo nello scovare una delle primissime perle del “Musicante” partenopeo.
La sua interpretazione in Cammina cammina è un colpo al cuore. Massimo, con la mimica e la voce accorata tocca con maestria, forse pari a quella dell’autore, il delicato tema dell’avvicinamento all’ora della morte e della solitudine negli anziani.
C’è spazio anche per il rap: Clementino e J-Ax convincono, del resto Pino si era avvicinato a loro proprio nel suo percorso di sperimentazione verso nuovi sound.
Non manca qualche azzardo di troppo, vedi una Teresa De Sio con l’accentuazione esasperata della napoletanità e l’ostentazione di una finta contentezza.
Come pure l’accoppiamento tra un Federico Zampaglione, verrebbe da dire “non pervenuto”, e una disorientata (ma a lei si perdona questo ed altro) Ornella Vanoni.
Resta il punto interrogativo sul motivo della presenza, oltre che sulla performance, de “Il Volo”. Peccato per Mario Biondi (lui sì che ha duettato in più di un Festival del Jazz con
l’ “uomo in blues”), trovatosi, suo malgrado, in questo strano e mal riuscito abbinamento.
C’è anche chi ha fatto di tutto per beccare dei fischi e nel farlo non ha nemmeno cantato. Enrico Brignano riesce a far peggio di un impacciatissimo Panariello.
Da mattatore, accomuna Napoli a Roma, parla del quartiere Prati assimilandolo a Capodimonte o alla Sanità, incentra il discorso sull’emergenza immondizia per poi concludere il monologo sull’ attitudine dei meridionali ad imprecare nel traffico. E vai con una serie di improperi declinati dal comico rigorosamente in napoletano.
Brignano toppa, non fa ridere, viene contestato sui social e, ci sia consentito dirlo, a ragion veduta. Testo imbarazzante e stereotipato, lontanissimo dall’essenza di Napoli.
Il finale è di tutto rispetto, racchiude in sè la capacità intrinseca di Pino di essere aldilà del tempo, delle generazioni, dei contesti socio-culturali.
L’aria è investita di una spontanea sacralità. Sono l’una e trenta di notte e lo stadio ancora colmo intona Napul’è.
E non c’è bisogno più di niente e di nessuno, Pino è lì ed è lì il senso delle sue parole.. “E allora sì, che vale ‘a pena e vivere e suffri’. E allora sì, che vale ‘a pena e crescere e capi’. Credere ancora all’amore, farsi portare un po’ di più, oppure è tutta suggestione questa vita“.
Aurora Rennella