Io Dalì

In mostra al PAN di Napoli fino al 10 giugno.

 Di Aurora Rennella

Io Dalì. Napoli dedica una mostra al “divo” Salvador Dalì.
Dipinti, disegni, filmati audio-video, fotografie sul grande genio del surrealismo. L’evento si terrà al palazzo delle arti di Napoli, PAN, fino al 10 giugno.

Io Dalì

Genialità, provocazione, ricerca dell’immortalità: non bastano certamente questi tre termini per descrivere Salvador Dalì, tuttavia rendono bene l’idea di chi fosse e cosa volesse comunicare al mondo il più grande surrealista del ventesimo secolo. Napoli è la prima città in Italia a dedicargli una mostra dal titolo Io Dalì: nella splendida cornice del Palazzo delle Arti di Napoli fino al 10 giugno, una retrospettiva dell’artista fruibile attraverso dipinti, disegni, filmati audio-video, fotografie e riviste.
I Baffi- Io Dalì

 

 

 

 

 

LA MOSTRA

In Io Dalì si apre ammiccante agli occhi dei visitatori il mondo, eccentrico e profondamente egocentrico, dell’immaginario segreto e visionario di colui che fu in primis un pensatore e poi pittore, scrittore, designer, scenografo ma soprattutto abilissimo cultore della propria immagine come sorprendente opera d’arte.
Sin da giovanissimo Salvador nutriva questa ambizione. Nel suo diario, ancora quindicenne, scriveva: “Io sono un genio e il mondo mi ammirerà”.

Palazzo delle Arti di Napoli- Io Dalì

 

 

 

 

 

Ebbene sì, lui era un genio ed il percorso espositivo della mostra esplicita la complessità del suo pensiero nella genesi del mito di se stesso, alla ricerca della costante adorazione del pubblico, puntualmente ottenuta senza mai esporsi troppo, quasi fosse lui a concedersi, come un predestinato.

Ed è così che un dettaglio anatomico può diventare un leitmotiv provocatorio ed astuto: l’artista fa di sé un motivo pittorico e questo concetto è espresso appieno in un pannello della mostra su cui vengono proiettati tutte, o quasi, le versioni dei suoi celeberrimi “baffi” con le punte all’insù, istantanee straordinarie scattate da Philippe Halsman .

Dalì coglie e mette in pratica il segreto per l’immortalità: “to be iconic”. Ogni fotografia, ogni registrazione video, ogni prova vocale erano preparati e vissuti come una performance irripetibile.

Un uso dei mezzi di comunicazione votato esclusivamente alla propaganda di sé: dalle copertine delle riviste (tantissime in mostra, tra cui un numero del Time del 1936), alla sua partecipazione a programmi televisivi americani di grande popolarità come “What’s My Line?” trasmesso nel ‘57 dalla CBS.

SALVATOR DALI’ E L’OSSESSIONE PER GALA

Alla costruzione del “divo” Dalì contribuirà in maniera preponderante la donna a cui sarà legato per tutta la vita, Gala: sua musa, sposa, ossessione; l’unica in cui abbia visto l’incarnazione della vestale dedita ad alimentare il fuoco sacro dell’eros.

In Io Dalì la presenza di Gala è ovunque, come del resto lo era nella vita del genio spagnolo.

GALA ÉLUARD DALÍ

Si incontrarono nel 1929 a Parigi, città in cui Salvador si trovava per presentare il film Un chien andalou, pietra miliare del cinema surrealista, girato insieme a Luis Buñuel.

In quell’occasione Dalì conobbe il poeta Paul Eluard e seguì un invito a trascorrere l’estate in Spagna nella sua casa di Cadaqués.

Si ritrovarono insieme lui, Buñuel, Magritte ed Eluard e la sua consorte, appunto la russa Gala, al secolo Elena Ivanovna Diakonova, e la figlioletta Cécile.

Irruppe l’amore, sin da subito morboso, possessivo ed imprescindibile nonostante i tradimenti di lei e la follia manifesta di lui, fino alla fine dei loro giorni.

Dalì e la sua musa Gala-Io Dalì

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalì disegna sulla fronte di Gala-Io Dalì

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MANGIARE DIO

Nell’arco degli anni Dalì scriverà: “Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro”, a lei attribuirà doti taumaturgiche: “Bisognava che mi guarisse. Lei mi guarì, grazie alla potenza indomabile e insondabile del suo amore: la profondità di pensiero e la destrezza pratica di questo amore surclassarono i più ambiziosi metodi psicanalitici”, per lei teorizzerà una dimensione divina: “Se Gala diventasse piccola come un’oliva, io vorrei mangiarla, perché l’unica maniera di conoscere l’oggetto è quella di mangiarlo. È per questo che la religione cattolica è la più perfetta che sia mai esistita, poiché pratica la cerimonia liturgica del mangiare Dio, vivo”.

Dalì e Gala, momenti di vita- Io Dalì

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalì di spalle che dipinge Gala di spalle-Io Dalì

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GUARDARE L’ARTE

La centralità di Gala trasuda dall’intera opera di Dalì, che alla morte della donna vivrà nella depressione più cupa, animato dall’unico intento di costruire con le sue ultime opere una sorta di “santuario” a testimonianza imperitura della sacralità di lei, Gala Éluard Dalì, per nulla bella, anzi arcigna nei tratti, tuttavia manipolatrice al punto tale da rappresentare, per il genio catalano, un caleidoscopio mutevole ed inesauribile attraverso cui guardare l’arte che sveste i panni del reale ed assume dimensione puramente onirica.

 

 

 

 

 

 

 

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