Di Francesco Infranca
Presidente tifoso oppure imprenditore: ai napoletani l’ardua sentenza
Un annoso quesito da risolvere, nel rapporto che si è instaurato in tutti questi anni tra una parte di tifosi del Napoli ed Aurelio De Laurentiis, è se il comportamento tenuto dal Produttore Romano possa o meno attirare maggiori clienti nell’orbita di interesse della società da lui amministrata. L’uso del termine cliente, in questo caso, non è inappropriato. Visto e considerato che lo stesso Presidente – da buon imprenditore – non ha mai fatto mistero di gestire la sua “creatura” seguendo un parametro fondamentale: la massima attenzione all’equilibrio tra costi sostenuti e plusvalenze di bilancio. Un progetto, dunque, in cui gli aspetti sportivi devono necessariamente coniugarsi con quelli finanziari. Del resto, non potrebbe essere altrimenti, se non hai alle spalle un gruppo industriale forte e consolidato, capace di supportare e sopportare con le sue ramificazioni aziendali una articolatissima operazione pluriennale, come quella imbastita dalla Juventus con il super-procuratore Jorge Mendes per l’acquisto di CR7.
Strategia “vincente” non si cambia. Nemmeno per un pezzo da novanta
Coerentemente con le sue idee, quindi, ADL continua a seguire la propria strategia programmatica. Sebbene, talvolta, così facendo, finisca per andare contro una parte della sua stessa tifoseria. Ma forse il segreto principale della sua gestione risiede proprio nell’essere convinto di quello che si offre. De Laurentiis, infatti, è perfettamente consapevole che il Napoli è un club capace di offrire ad un certo tipo di giocatori – quelli provenienti da squadre di seconda fascia, in cui non hanno ancora avuto la possibilità di mettersi alla prova nello scenario competitivo per eccellenza (la Champions League!!!) – un salto di qualità, economico e professionale, nelle loro carriere. Al contrario, tentando di far funzionare una società di calcio come un’azienda, allora emerge prepotente la difficoltà del Napoli nel concretizzare una trattativa con un top player (o presunto tale…). Sostanzialmente, quando un club di livello top vuole comprare un giocatore, ne fa una questione meramente economica. Ovvero acquista un calciatore senza farsi condizionare dall’obbligo di coniugare contemporaneamente le esigenze tecnico-tattiche della squadra, con le strategie economico-finanziarie del club. E spesso, proprio per quanto riguarda il prezzo di acquisto, un top club decide di concludere una trattativa, anche se appare economicamente sfavorevole. Questo perché il modo per calcolare il prezzo di un calciatore dipende da due parametri di valutazione comparativa che c’entrano davvero poco con la dottrina economica. Generalmente, viene calcolato analizzando i trasferimenti di altri giocatori con dei profili simili (ad esempio, il ruolo), durante quella sessione di calciomercato. Oltre alla necessità dell’acquirente di voler chiudere a tutti i costi l’operazione, senza troppe considerazioni sull’indebitamento oppure sul disavanzo di bilancio creato dalla conclusione dell’affare.
Possono coesistere clienti e tifosi???
Senza ombra di dubbio, il grado di coinvolgimento emotivo nella tifoseria napoletana è altissimo. Sulle tribune del San Paolo si tende a ragionare delle questioni relative agli Azzurri con il cuore, piuttosto che con il cervello. Ovviamente, ADL non ha il medesimo atteggiamento. Del resto, non potrebbe essere altrimenti, per ruoli “istituzionali”, oltre che per sostrato culturale e provenienza geografica. I tifosi provano amore per il Napoli. Un sentimento vero di appartenenza. Ergo, sono implicati sentimentalmente. Soffrono e gioiscono a seconda che la squadra subisca sconfitte dolorose invece che vittorie esaltanti. Calcisticamente parlando, i napoletani non esagerano niente. Le loro sono tutte emozioni autentiche. Il Presidente, invece, persegue una strategia aziendale. D’altronde, se sei impossibilitato nel competere alla pari con squadre che hanno un fatturato strumentale assai superiore al tuo, per rimanere al loro livello e provare a giocartela, devi arrangiarti!!! Non c’è dubbio, però, che tanta devozione per una squadra debba servire a comprendere le richieste dei tifosi (Cavani e Di Maria), pur se la società non le considera vincolanti, optando per target di mercato diversi (Ciciretti e Inglese). Tuttavia, qualsiasi imprenditore oculato sa bene che sottovalutare una criticità nella sua azienda è una politica perdente, potenzialmente capace di generare un problema ancora più grande a medio o lungo termine. La realtà è che se tratti i tifosi come clienti, questi valuteranno solo l’eccellenza. Il consumatore tipo, infatti, compra un prodotto soltanto se gli piace. Per nessuna ragione al mondo, invece, il tifoso seguirebbe un’altra squadra, diversa da quella che gli fa palpitare il cuore. Ecco perchè aspettare che il malessere di una parte della tifoseria si plachi ai primi gol estivi segnati domani con il Gozzano potrebbe essere – dal punto di vista imprenditoriale – deleterio e controproducente…
Francesco Infranca