Il caso Lainer: emblema di un mercato “irreale”

di Francesco Infranca

Perché non è facile comprare durante i Mondiali

Per quelle società come il Napoli, sempre attente all’equilibrio tra costi sostenuti e plusvalenze di bilancio, i Mondiali sono, da sempre, un appuntamento fondamentale. Dal punto di vista “mercantile” rappresentano, infatti, la più grande vetrina internazionale per la promozione e la commercializzazione dei calciatori. Tuttavia, il fatto che la principale kermesse “pallonara” metta sotto la luce dei riflettori per un mese intero top player (o presunti tali…), buoni giocatori, piuttosto che semplici mestieranti e carneadi della pedata, potrebbe anche risultare deleterio. Questo, semplicemente perché il valore di mercato di alcuni di costoro, durante i Mondiali, può aumentare a dismisura nell’arco di poche settimane. Il problema è che, non sempre risulta riscontrabile un nesso logico tra tale aumento ed il rendimento palesato sul terreno di gioco. Questo comportamento abnorme, fuori da qualsiasi criterio tecnico e  meritocratico, colpisce un po’ tutti i protagonisti del calciomercato: giocatori, procuratori e società. Coinvolgendo, di riflesso, anche quelli che in Russia non ci sono. Il discorso è più facilmente comprensibile attraverso un esempio concreto. Se le valutazioni del belga Tomas Meunier e del croato Sime Vrsaljko si aggirano tra i 20 ed i 27 milioni di euro, vista la carenza di laterali difensivi capaci di interpretare le due fasi del gioco allo stesso livello qualitativo, non bisogna sorprendersi se poi il Red Bull Salisburgo ritenga insufficienti i 12 milioni di euro offerti dal Napoli per Stefan Lainer, che il Mondiale lo sta guardando davanti alla tv!!!

L’esempio di Lainer è emblematico di un mercato “irreale”

Quando un club di livello top vuole comprare un giocatore, generalmente sa già cosa vuole e dunque non ha bisogno di particolari ricerche. La questione è meramente economica. E’ ovvio che i club più grandi non siano molto propensi ad assumersi il rischio di acquistare calciatori il cui rendimento a determinati livelli sia una incognita. Paradossalmente, il vantaggio del Napoli, in questo senso, è che i top club difficilmente si arrischiano ad acquistare calciatori provenienti da squadre di seconda e terza fascia, come il Salisburgo, in cui non hanno avuto la possibilità di mettersi alla prova in uno scenario competitivo importante (la Champions League). In effetti, Stefan Lainer è un profilo diverso da Vrsaljko e Meunier. Appetibile pure per l’ingaggio, una volta comparato alle richieste del croato (3 milioni) e del belga (3,5 milioni). Se poi aggiungiamo che addirittura Matteo Darmian o Davide Zappacosta possano pretendere cifre vicine ai 2,5 milioni di euro, allora emerge prepotente la difficoltà del Napoli nel tentativo di far funzionare una società di calcio come un’azienda, a causa della quantità di infinite variabili che si presentano al momento di concretizzare una trattativa.

Le difficoltà del Napoli a comprare: immobilismo o ponderatezza?

Ecco, quindi, che il comportamento del Napoli sul mercato dei calciatori, lontano dall’immobilismo imputato alla direzione sportiva, è tipico, invece, di quelle società che non possono assolutamente permettersi il lusso di buttare il danaro dalla finestra. Il lavoro di Cristiano Giuntoli, pertanto, è assai difficile. In quanto deve gratificare una duplice esigenza. Da un lato, accontentare le richieste dell’allenatore. Dall’altro, aprire una trattativa, senza farsi condizionare dall’obbligo di acquistare un giocatore solo ed esclusivamente per soddisfare i desideri della tifoseria. Il concetto chiave, in questo senso, è il tempismo. Si tratta, in sostanza, di anticipare i top club, sfruttandone a proprio vantaggio le titubanze, per concretizzare una opportunità che soddisfi contemporaneamente le esigenze tecnico-tattiche della squadra, con le strategie economico-finanziarie del club. Quello che, pare, stia cercando di fare il Napoli, nella caccia all’alter ego di Hysaj. Nel gelo calato improvvisamente tra il direttore sportivo del Salisburgo, Christoph Freund e Giuntoli, l’impressione è che le parti stiano soltanto cercando portarsi in vantaggio l’una sull’altra. Un modo come un altro per uscire vincitore dal duello e trarre il maggior beneficio possibile dalla trattativa. Un gioco che magari Giuntoli potrebbe anche accettare. Ma difficilmente tollerato da ADL, allergico da sempre al “tira & molla” mercantile. Il rischio è che si finisca nell’impantanarsi, discutendo sui dettagli, piuttosto che focalizzarsi su ciò che è realmente utile e funzionale alla costruzione della squadra da affidare ad Ancelotti…

Francesco Infranca

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