Nel 1926 ebbe luogo il colpo di stato portato avanti dal generale Manuel de Oliveira Gomes da Costa, che spodestò il governo repubblicano che si era insediato dall’assassinio di re Carlos e del suo erede Luís Felipe nel 1908. Nel 1928, Gomes da Costa nominò António de Oliveira Salazar Ministro delle Finanze. Quattro anni dopo, Gomes da Costa fu sostituito come primo ministro da Salazar, ex docente dell’Università di Coimbra, che diede inizio a 38 anni di austera dittatura.
Salazar ha dato ampio spazio al calcio nell’ambito della sua politica, come parte del suo credo FFF (Fado, Fatima e Futebol). Il Fado è un tipo popolare di musica popolare portoghese, Fatima è un santuario dove si crede che la Vergine Maria sia apparsa a tre giovanissimi contadini, mentre il Futebol non ha bisogno di presentazioni. Salazar non aveva alcun interesse per il calcio ma, come tanti leader politici prima di lui, si era reso conto che per garantire la propria stabilità doveva allinearsi ad alcuni elementi già popolari della società. Pertanto, non c’era modo migliore che incoraggiare la partecipazione allo sport più popolare per distrarre la gente dalla disperata situazione economica in cui si trovava il Paese durante il suo regno. Il calcio era una vera e propria arma di distrazione di massa.
Joel Amorim, uno scrittore di calcio, ha parlato del calcio sotto Salazar: «È giusto dire che il calcio sia stato una parte importante del regime dittatoriale di Salazar“, ha detto, “in quanto è stato usato per distrarre le masse da ciò che stava realmente accadendo nel Paese. Le “tre F” erano un marchio dei regimi di Salazar e il modello di vita che ritraeva per la società portoghese. Il calcio, la musica e la religione erano i pilastri di un regime dittatoriale ben strutturato che, insieme ai servizi di sicurezza PIDE (Polizia internazionale e di difesa dello Stato), ha bloccato e inferto un colpo quasi mortale allo sviluppo del Paese per quasi mezzo secolo».
Le statistiche di solito raccontano solo una parte della storia, ma diventano particolarmente significative quando si studia la storia dei vincitori della Primeira Liga da quando Salazar è salito al potere. Negli 80 anni di storia della competizione, solo due squadre al di fuori delle “Tre Grandi” Sporting, Benfica e Porto hanno vinto il titolo: il Belenenses nel 1946 e il Boavista nel 2001. Durante la dittatura, tuttavia, sono state le squadre di Lisbona a dominare completamente, con il Porto che ha spezzato il duopolio Benfica-Sporting solo tre volte negli anni ’30 e due volte negli anni ’50. «Salazar e i suoi collaboratori avevano una grande predilezione per le squadre di Lisbona, il Benfica in particolare», aggiunge Amorim. «Se si osservano più da vicino i titoli vinti dalle squadre di Lisbona, Sporting e Benfica, durante la dittatura di Salazar, non è difficile immaginare che abbiano goduto di una sorta di ‘inclinazione’ da parte dei responsabili del destino del Paese».
Eppure Salazar non guardava in faccia a nessuno e, in realtà, non aveva predilezioni per alcuna squadra né per i calciatori. L’allenamento delle squadre si svolgeva nel tardo pomeriggio, poiché gli atleti passavano la giornata a lavorare altrove. Inoltre, le società di calcio non erano tra l’altro tenute a pagare i contributi di previdenza sociale. Le società di appartenenza potevano trattenere i calciatori anche dopo la fine del contratto. Bastava loro offrire solo il 60% dello stipendio offerto da un altro club. Si trattava della famosa “legge sull’opzione”, promulgata da Salazar, che fu soppressa a seguito del 25 aprile.
Nel settembre 1965 il regime di Salazar proibì al Benfica di recarsi in Unione Sovietica, roccaforte del comunismo, per giocare una partita amichevole con lo Spartak Mosca, un club con radici operaie che recava con sé una storia di lotta per la divulgazione del calcio. I moscoviti volevano vedere da vicino il Benfica di Eusebio, Mario Coluna, Antônio Simões e José Augusto. La PIDE bloccò il tentativo sul nascere e applicò una multa salatissima all’organizzatore Albino André.
Venendo alla questione delle colonie, le Aquile vantavano tra le proprie fila calciatori dichiaratamente a favore della liberazione delle colonie portoghesi in Africa. Erano i casi del centrocampista Mário Coluna, nato nell’isola di Inhaca, Mozambico, e dell’ala destra Joaquim Santana, nato a Lobito, Angola. Vale la pena ricordare anche Antonio Simões, che lottò per il professionismo nel calcio e che fu sempre ostacolato dal regime di Salazar.
Il dopoguerra ha visto Sporting e Benfica lottare per l’acquisto di calciatori leggendari. Le colonie africane portoghesi dell’Angola, del Mozambico, delle isole di Capo Verde e di Sao Tomé e Principe hanno offerto un flusso di portoghesi di seconda o terza generazione che, dopo la Revolução dos Cravos (Rivoluzione dei Garofani) del 1974, hanno cambiato radicalmente il gioco del calcio.
Per quanto riguarda Eusébio, ci sono opinioni contrastanti sul fatto che Salazar ne abbia impedito lo sbarco in Europa. Nel 1962/1963, la Pantera nera aveva l’accordo con la Juve, ma il suo approdo fu bloccato dal servizio militare obbligatorio. Qualche anno dopo, l’Inter voleva Eusébio, ma le frontiere erano state chiuse già da qualche anno. Pertanto è decisamente una forzatura affermare che Salazar impedì a Eusébio di trasferirsi in Italia…
Vincenzo Di Maso