Antonio Giordano ha intervistato Aurelio De Laurentiis per Il Corriere dello Sport. Di seguito l’intervista.
NAPOLI – La palla «avvelenata» è lì, tra i riflessi mnemonici che s’attorcigliano, in quella nube di (cattivi) pensieri aggrovigliati: e il silenzio, per cinque giorni, è servito per riordinare le idee, per rimettere insieme i cocci dell’amarezza e lasciarla confluire in quel fiume che, ingrossandosi, ha raccolto ogni detrito. Le parole, si sa, sono anche pietre e Aurelio De Laurentiis ha sassolini qua e là che danno noia, che si sono infilati nella pelle, che hanno lasciato il segno e che ora vanno rilanciati in questo macrocosmo in cui tra i fantasmi del passato e del presente restano le emozioni. E’ un viaggio, lungo e anche intenso, che parte da lontano (da Calciopoli) e che approda ai giorni nostri, passando da Inter-Juventus a Orsato, a Nicchi, a Collina, all’Eca e alla Fifa e all’Uefa e poi decolla verso un orizzonte nuovo, limpido.
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Ma questo campionato, De Laurentiis, va ritenuto falsato con quel ch’è successo in Inter-Juventus?
«Non credo che sia stata la partita di sabato ad alterarlo: nell’analisi di quella sfida va inserito tutto, le difficoltà di chi ha giocato in dieci dal 15′, ma anche le scelte magari non condivisibili di un allenatore, nel finale. Una partita è molte cose assieme e quando operi delle sostituzioni, negli ultimi minuti, non si sa se chi entra faccia bene o male».
Dunque, niente che le sia stato sottratto?
«Non mi sono sentito derubato sabato, ma ci sono state altre partite, in precedenza, in cui il Var è stata utilizzato in maniera pessima: e quegli episodi non ci avrebbero dato più punti, semmai avrebbero allargato il distacco».
Nessuno scippo?
«Io sono sportivo e sto al gioco, ma se dobbiamo tirar fuori le pistole e metterle sul tavolo non ci sto. Cerco di cambiare le regole. Però, attenzione: stiamo disilludendo i nostri figli, i nipoti, sottraiamo pubblico e le future generazioni smetteranno di venire allo stadio». […]
C’era una volta, nel linguaggio corrente, la sudditanza psicologica verso la Juventus.
«C’è sempre stata ed è quasi normale che sia così verso la famiglia più potente d’Italia. Con Calciopoli non si è risolto molto, si è, anzi, andati leggeri e prima di schierarsi contro Agnelli e la Fiat ci pensano su molte volte». […]
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Torniamo in Italia, all’ultimo week-end: Fiorentina-Napoli è stata psicologicamente decisa a San Siro?
«Non credo. Noi siamo partiti, quest’anno, il 16 agosto, con i preliminari di Champions League e quindi il carburante è finito un po’ prima. Capita se non utilizzi tutti i calciatori della rosa. Ci sono stati momenti in cui avevamo la terza a sedici-punti, potevamo far prendere fiato a qualcuno e conservarlo per il rush finale. Poi abbiamo perso Ghoulam, mi spiace per lui come uomo e come atleta, ma se non ci fosse stato quest’infortunio avremmo scoperto quanto è forte Mario Rui?».
Sta dicendo che è colpa di Sarri?
«Ma no. E’ il calcio italiano che consuma, questo calcio in cui esiste una coppa che è retaggio dell’anziano regime, in cui incontri sempre le stesse squadre, quelle del campionato. Mentre l’Europa sarebbe più allenante: solo che noi ce ne siamo allontanati, perdendo la gara interna con il Lipsia, preceduta da dichiarazioni morbide. E non è bastato poi andare a vincere in Germania. Le Coppe internazionali fanno crescere, noi oggi abbiamo una decina di milioni di tifosi in Italia, una quarantina nel Mondo e centoventi milioni di simpatizzanti nell’Universo: questo grazie al calcio di Sarri e anche per il ruolo di anti-Juve. E non abbiamo paura di andare avanti».
Con Sarri o senza?
«Non dipende da me ma da lui, con il quale ho parlato più volte, ma che va lasciato tranquillo: mancano tre giornate, può succedere ancora di tutto, pure che qualcuno si comporti persino peggio».
Pensa che possa andar via?
«Spero di no, anzi sento che non andrà via. Ma se qualcuno dovesse pagare gli otto milioni di euro, ce ne faremo una ragione. E se vuole andar via, perché avverte esaurito l’entusiasmo, farò altri ragionamenti, senza rinunciare ai diritti della clausola».
Leggi l’intervista completa sull’edizione del Corriere dello Sport-Stadio in edicola