All’Inferno e Ritorno

La Supercoppa di Doha si tinge d'azzurro

MORTO O MORIBONDO

Sono morto. Se non proprio morto, di sicuro moribondo. Sono sulla graticola a bruciare, mi sento già all’inferno. In realtà sono resuscitato già varie volte questa sera. Ma ora Pereyra si appresta a mandarmici del tutto nelle braccia del Diavolo.

Perché?

DUE VOLTE ALL’INFERNO

Perché quel diavolo di un Tevez mi aveva spedito nel fuoco di Satana 2 volte.

“Maledetta Juventus, anche stasera ci stai lasciando le briciole!”

Ma quel Campione del Pipita (ce l’abbiamo solo noi) aveva fatto la guerra con un’intera difesa a strisce ed aveva agguantato il pari all’ultimo soffio dei supplementari.

Io e Giorgino, mio figlio, a fare le capriole sul divano, a dire parolacce sotto gli occhi allibiti di mamma Anna che mi reputa il peggior padre del mondo.

“Ma cosa insegni a tuo figlio”? “Ad odiare la Juve”, avevo risposto tranquillo con la coscienza a posto, in fin dei conti trattasi di sano odio sportivo, “poi stringi la mano all’avversario, mi raccomando”, e tanti saluti ai precetti della Montessori che sarà stata pure juventina!

“Lo sport è rispetto, rispetta lo sport”. Non lo vado dicendo da anni?

LA LISTA

Quando avevo sentito la lista dei rigoristi il cuore mi era sceso nelle calzette.

Già mancava Hamsik improvvidamente sostituito da Rafa – e poi dite che ce l’ho con lui, ma quel Callejon irritante ed inguardabile di stasera si doveva tenere in campo per forza? – poi avevo scoperto che il rigorista dell’ultima gara, Mertens, non andava a tirare, e pure Calletì si era tirato indietro, pare (come si è saputo dopo) per acciacchi di entrambi.

Mamma mia, la decimazione dei “piedi buoni”!

Per fortuna nella lista dei designati non c’era Gargano, che avevo visto però da vero leader arringare i compagni prima della lotteria dal dischetto.

Ma c’erano Jorginho, rigorista emerito a Verona, Higuain, rigorista ufficiale e spesso sbadato (2 rigori pesanti già sbagliati quest’anno), rigorosamente il primo e l’ultimo a calciare i rigori più pesanti, e pure Ghoulam (“Mai un mancino, maledizione, qualunque ex portiere lo sa!”), Albiol ed Inler, che avrebbe caricato la grande Bertha.

“Due difensori, che Dio ce la mandi buona!” Avevo pensato.

Mi aveva subito tradito proprio il rigorista per me più sicuro, l’ex veronese, che mio figlio vedeva male ed io a rassicurarlo, ma aveva avuto ragione lui.

IL TERZO INFERNO

Con l’errore del brasiliano ero precipitato nel terzo girone dell’Inferno.

Per fortuna, quel drago di Carlitos, immarcabile in campo, dal dischetto diventava un nano, l’aveva buttata sul palo.

Terzo inferno evitato!

I due difensori avevano fatto il loro dovere, così come Inler.

Ed Higuain stavolta non aveva tradito, era la sua serata.

Ma Rafael, che si era travestito all’inizio da Grobbelaar, il clown del Liverpool che ipnotizzò la Magica Roma danzando sulla linea, si era chetato, e non ne prendeva uno.

Gli avevo smadonnato contro: “Quando cazzo ne pari uno, ma l’hai sentito ieri Gennarino Iezzo che ha detto che ci fai vincere tu ai rigori e fai l’eroe? Lo vuoi ascoltare, maledetto bacchettone di un brasiliano piagnone e bizzoco?”

Gli avevo vomitato addosso di tutto, mio figlio portierino che lo consigliava dallo schermo.

“Lui sì che se ne intende”, in fin dei conti ne aveva diritto: era fresco eroe al torneo di Natale per aver parato il rigore di un mancino, quello decisivo.

Aveva il titolo per consigliare, insomma. Niente, Morata la metteva dentro.

Si andava ad oltranza.

IL QUARTO INFERNO

E mi ero preso un altro spavento.

Gargano aveva deciso di fare il sesto: “Oddio con quei ferri da stiro ai piedi che si ritrova e con i precedenti che ha, è la fine!”

Ma lui mostrava i cojones, e l’aveva buttata dentro.

Si continuava però, perché Bonucci non sbagliava manco lui.

Maledetto brasiliano, non ne prendi una: aridatece Reina!

Arrivavano finalmente i “piedi dolci”, ma quel drago di Buffon, dopo aver neutralizzato Jorginho, si era opposto pure a Mertens che finalmente si era preso la responsabilità di tirare, lui che è rigorista.

Per fortuna si andava ancora ad oltranza: eravamo vivi sol perché finalmente Rafael aveva fatto un miracolo su Chiellini, quello più odioso, ma mai quanto Lichsteiner che avevo “secciato” sin dalla sera prima fino a farlo uscire.

Quanto li detesto quei due!

Quarto girone dell’Inferno evitato.

E siamo arrivati a mo’.

Ora o mai più.

IL QUINTO INFERNO

Ma ora sono all’inferno di nuovo, per la quinta volta!

Buffon ha fatto di nuovo il Buffon, su Callejon che ha completato così la sua disastrosa serata, sotto gli occhi ammirati di mia moglie che invidia sicuramente Ilaria D’Amico.

La fulmino con sguardo sprezzante. Le urlo: “Ma da che parte stai?” e lei di rimando: “Ma dai che è bravo”. Ed io: “E chi se ne fotteeee!”

Sta per tirare Pereyra, ed io intanto devo subire la faccia di tolla di Marotta spiritato che passa sullo schermo, con l’arroganza del vincitore negli occhi.

Invoco il mio Vate, Gianni Brera, e la sua dea Eupalla, poi tiro fuori l’armamentario di casa nostra ed invoco i miei: “San Gennà pensaci tu!”

E la mano di San Gennaro sposta il pallone e lo manda fuori: siamo vivi, vivi!

IL SESTO INFERNO

Ma sto  per morire di nuovo. Dallo spavento.

Quel matto di Rafa manda Kalidou a tirare. Ma siamo pazzi?

Questo è già folle di suo.

Anche stasera con Albiol ha fatto uno sfondone che manco vi dico, poi si è fatto uccellare dalla solita finta di Tevez sul secondo gol, poi però ha salvato la partita con un salvataggio sulla linea.

Lui, Kalidou (in potenza un crac) è per cuori forti.

Ed ora va davanti a quel fenomeno di Gigi, che ne ha già parati tre!

Siamo fritti.

Per non smentirsi, K2 prende il palo, ma la palla carambola dentro.

Sospirone, sono piegato a metà.

E sono incredulo.

DALL’INFERNO AL PARADISO

Siamo avanti, avanti!

Incredibile, avanti dopo 2 match-point sprecati dagli implacabili (fino a ieri) padroni del campionato!

Ed i miei occhi quasi non ci credono.

Quelli tirano fuori dal cilindro Padoin, uno che al massimo può giocare nell’Atalanta, mica regge queste pressioni.

Il fiato è sospeso.

Tira il manovale bianconero, sulla destra di Rafael, che di cognome fa Barbosa, lo stesso del disastro del Maracanazo del ’50, uno che ha vissuto come un reietto, stiamo messi proprio bene, il nome è tutto un programma…

Ma Rafael Barbosa si traveste da Arcangelo Rafele che ha ricevuto il mandato da San Gennaro (Iezzo).

Per una volta è un gatto, con la mano di richiamo vola e RESPINGE.

Respinge…

Un attimo di sospensione del giudizio, il torpore della mente che ottenebra tutto, la domanda si affaccia lentamente, balbettante: abbiamo vinto? L’incredulità al potere.

Sì, mi volto e vedo mio figlio che zompa come un grillo, mia moglie sorride, finalmente dalla nostra parte, io mi butto in ginocchio davanti al televisore, come Rafael, e benedico San Gennaro Iezzo, a cui ogni domenica chiederò la bolletta.

Diavolo di uno stabiese, aveva previsto tutto!

Mia moglie mi guarda disgustata, aspetto il Bobcat (è una ruspa) per rialzarmi da terra, mentre lei mi fa: “Nun fa ‘o scem, alzati e vattenn’ da Zazzaroni, va! Che esempio per ‘sto ragazzino….”, bofonchia maledicendo il cielo e chi mi ci ha mandato al suo cospetto.

“FRIGIDO PACATOQUE ANIMO”: MA CHI SE NE FOTTE!

Esco zompettando come un criaturo, pensando “Rafè, che culo ca tien”, rivolto a Benitez e riandando nella memoria alla clamorosa rimonta del suo Liverpool sul Milan stellare di Sheva e Kakà.

Non prima però di essermi girato a vedere e godere la faccia livida di Marotta. Voglio godere!

“E guarda che faccia fanno Agnelli e Nedved, che bello Bonucci con la maglia in faccia!” rido di scherno rivolto a mio figlio.

Lo sport è rispetto, rispetta lo sport. Tiè.

Godo, godo, li battiamo sempre noi, come in quella notte con Renica, come nel ’90, come con Lavezzi, come a Pechino… No, quella volta la banda di Mazzoleni ce la rubò.

Dolce è la vendetta, così è ancora più bello.

Ho tempo per ricompormi, devo andare in TV, che diamine, avrò tempo per tornare civile, passerò le feste con i miei amati libri, i miei amici Grisham, Follett e Veronesi che mi ha promesso il sequel di Caos Calmo nel quarto di copertina del suo ultimo romanzo.

Frigido pacatoque animo, raccomando a me stesso.

Ma stanotte voglio godere pensando alla faccia di Marotta livida. Mi accontento di poco. Non ho bisogno di agognare Belen. Alla mia età si gode per molto meno.

Ma battere la Juve è bello, bello assai.

Sono provinciale, Peppì? E chi se ne fotte.

Ma non toccatemi questa Coppa. Il primo che la chiama coppetta gli do un pugno.

L’ho detto proprio io? Vattitem’.

Peppe*, gira al largo.

 

Napoli, 23 dicembre 2014

Umberto Chiariello

*Iannicelli, giornalista e mio compagno di tante battaglie a Campania Sport su Canale 21 a Napoli.

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