Di Valeria Iuliano
Sono molteplici le ragioni che hanno indotto Aurelio De Laurentiis a scegliere un profilo come quello di Ancelotti, filosoficamente in antitesi con il suo predecessore. Tale scelta ha indotto i sarriani più accaniti (sì, sarriani non sarristi) a scagliarsi contro il Patron del Napoli, ignorando la portata di una tale decisione, capace di influenzare aspetti tanto endogeni quanto esogeni al Calcio Napoli.
Per capire meglio l’indirizzo decisionale di Aurelio De Laurentiis, andrebbe percorso il triennio Sarri e, conseguentemente, il suo operato.
Maurizio Sarri è stato il Creatore della Bellezza, dell’estetica applicata al calcio: la palla si è trasformata in un oggetto del desiderio; la morbosità di conquista di questa ha visto nel recupero palla offensivo un princìpio cardine del suo calcio. 91 punti, che sarebbero bastati in altri contesti calcistici per vincere il maggior titolo nazionale. Perché, nonostante una media punti di 2,39, non ha vinto?
Vincere non è mai semplice e sono i dettagli, spesso trascurati, a fare la differenza.
Particolari, a mio avviso, determinanti. L’antagonista del Napoli è stata sicuramente oggetto di errori arbitrali tali da favorirla, ma Maurizio Sarri si è dimostrato abbastanza inesperto nei momenti chiave. A partire dallo scontro diretto (perso!) dell’andata contro la Juventus, che avrebbe consentito al Napoli di portarsi a +7 dai bianconeri, i quali hanno faticato a lungo per reggere i ritmi del Napoli, soprattutto nei valori di gioco messi in campo: immaginate cosa avrebbe comportato un distacco in classifica di quella portata.
Un flop che, per molti, è stato sin da subito chiarificatore di quella che sarebbe stata la vincitrice finale del torneo. Così come i punti persi contro Inter, Sassuolo – e non solo – hanno evidenziato un limite, in termini di flessibilità tattica a gara in corso, del tecnico del Napoli.
Pur avendo esperienza in ambito aziendale, si può dire che Sarri poco si amalgama alle dinamiche e agli obiettivi aziendali. Le performance di Sarri e del Napoli sono state in linea con i criteri di efficacia ed efficienza?
Per rispondere a questa domanda, dovremmo utilizzare una macchina del tempo che ci porti al periodo dei gironi di Champions League di quest’anno. “Shakthar Donetsk-Benevento” non è un match che ha visto la Strega affrontare gli ucraini di Zorro, per rimanere in tema di “animazione calcistica”. È l’emblema dell’inefficienza e dell’inefficacia applicata al calcio: Sarri ha dimostrato inattitudine nel centrare due obiettivi col minimo sforzo.
Uno scontro diretto, in chiave europea, che ha segnato l’uscita dalle coppe per propri demeriti prima (in Champions Legue) e per necessità poi (Europa League). La strana evidenza, in seguito all’eliminazione da più competizioni, è stata quella di aver conquistato meno punti rispetto al girone d’andata: ciò sottolinea quanto gli equilibri e i risultati di una squadra reggano molto spesso più su fattori psicologici che atletici. Chi immaginava che, successivamente alla vittoria allo Stadium, si sarebbe vissuto un incubo? Coloro i quali hanno sempre percepito che l’allenatore di Figline Valdarno fosse ancora troppo inesperto dinanzi ad obiettivi di grande portata: quale allenatore d’esperienza non sarebbe intervenuto tempestivamente per evitare la debacle al Franchi? Nessuno, perché tutti avrebbero compreso le dinamiche psicologiche innescatesi nella mente degli Azzurri. Il tardivo inserimento dei nuovi acquisti nei meccanismi di gioco risponde sempre ad esigenze aziendali? L’utilizzo dei medesimi giocatori, senza mai conferire fiducia agli uomini della panchina anche in match minori, è stato un elemento d’attrattiva per i potenziali giocatori del Napoli? Basta osservare le ultime “finestre di mercato”.
In un mio precedente articolo “Rinnovo Sarri: no Rafa-bis!”, presente sul Blog di Umberto Chiariello, ho invitato le parti a riflettere prima di un eventuale rinnovo, mostrando divergenza di idee e di obiettivi, che alla fine hanno portato appunto Aurelio De Laurentiis a scegliere il plurititolato Carlo Ancelotti.
Antijuventino dichiarato, Ancelotti è la perfetta espressione di un uomo programmato per la vittoria: dotato di equilibrio, riesce da sempre – con una calma esemplare – a superare le avversità, dimostrandosi quasi invincibile.
È nella gestione del gruppo la sua forza, così come nella tattica applicata: i veri aspetti che hanno limitato la consacrazione di Sarri.
La scelta di Carlo Ancelotti è vincente già nell’idea e lo si sta vedendo in questi giorni: col rinnovo di Sarri, come ammesso da quest’ultimo, diversi uomini sarebbero andati via e ciò sarebbe stato deleterio per una società che da sempre fatica ad essere efficace e tempestiva sul mercato.
Oggi tutti vogliono restare alla corte di Carlo Ancelotti, presto futuro Re di Napoli, mentre nell’ipotesi contraria, di rinnovo di Sarri, ciò non sarebbe accaduto.
Questi ragazzi hanno capito più di quel che tante menti, soggiogate da un’ideologia ai limiti del grottesco, non sono state capaci di comprendere.