Maurizio Sarri: il risultato del bel gioco

Apposta la firma sul contratto con il Chelsea, analizziamo i numeri del "sarrismo".

 

 

di Antonio Sieno

 

 

 

Maurizio Sarri è stato un uragano che si è abbattuto sul calcio italiano, sconvolgendo tutte le granitiche certezze di questo sport che appassiona milioni di tifosi.

Maurizio Sarri ha ribaltato i concetti storici secondo cui i mezzi economici e la collezione di figurine avesse una esatta corrispondenza con risultati a lungo termine.

Maurizio Sarri ha dimostrato che la cultura del lavoro, le lunghe sessioni di allenamento, l’addestramento, la conoscenza profonda di un gruppo di lavoro anche immutabile nel corso delle stagioni potesse portare a competere per importanti obiettivi.

Del gioco strabiliante di Mister Sarri tutto si è detto. L’Europa intera si è innamorata del calcio messo in vetrina dal suo Napoli. Nulla si potrebbe aggiungere ancora a quanto è stato già detto.

Tanto ancora è da dire a coloro i quali hanno imputato al mister la poca pragmaticità, come se il calcio sparagnino fatto di strenua coriacea difesa e contropiede fosse foriero di tituli certi: il ciniscmo delle grandi squadre, capaci di vincere con la giocata del campione assoluto. Quelli che, per l’appunto, alla lunga il pragmatismo e la collezione di campioni, la rotazione, la rosa lunga abbia la meglio sul bel gioco. C’è da smentire il dogma per cui il bel gioco non corrisponde ai risultati. Soprattutto quando non hai quel campione assoluto, il fuoriclasse capace di vincere da solo. Come la famosa tattica disegnata alla lavagna da Pelè in fuga per la vittoria: “il portiere da la palla a me, io faccio così, così, così, così, così, gol”.

Ed allora non resta che provare a dimostrare cosa abbia significato Maurizio Sarri anche rispetto all’equazione bel gioco risultati.

Una premessa è necessaria per comprendere i principi del Sarrismo: Mister Sarri è convinto che alla lunga giocare bene significhi vincere le partite, perché comandare il gioco significa togliere campo agli avversari, avere la palla significa toglierla agli avversari: in breve, se la palla ce l’hanno i suoi è più difficile fargli gol. Il concetto dell’organizzazione di gioco Sarriano passa quindi attraverso l’addestramento alla perfezione dei suoi 11 alla fase difensiva, consistente nel giocare altissimi sempre, a due tocchi, pressare ed aggredire appena la palla passa agli avversari nel tentativo di recuperarla quasi istantaneamente.

Il Napoli di Maurizio Sarri non è una squadra sprovveduta all’arrembaggio, è una squadra organizzatissima nel concedere pochissimo campo agli avversasi. Paradossalmente lo spettacolare Napoli del tecnico nato solo per caso a Bagnoli possiede la migliore fase difensiva della serie A, una delle più invidiate d’Europa: i numeri descrivono chiaramente come il Napoli sia stato, nel triennio sarrsta, la squadra che meno di tutte subisce in termini di occasioni da rete. Se poi non sia stata la miglior difesa in termini di gol subiti, ebbene, ciò dipenderà in qualche modo dal fatto che gli azzurri erano buoni calciatori diventati ottimi solo agli automatismi insegnati dal Maestro, non certo  dei fenomeni nati con le stimmate dei fuoriclasse. La spettacolarità ed i numeri straordinari della fase di attacco, secondo il Maestro, non sono altro che la naturale conseguenza di quel lavoro.

 

Del resto, come si diceva, tutto è noto, tutti hanno visto, tutti si sono innamorati del Sarrismo.

 

L’antefatto

Maurizio Sarri ereditava il Napoli da Rafa Benitez, nel frattempo volato a Madrid. Il buon Rafa aveva a sua volta ereditato un Napoli da Champions. Benitez al suo primo anno trascorso sulla panchina azzurra raggiungeva un terzo posto nella serie A 2013/14, bissando i 78 punti della stagione precedente messi insieme da Mazzarri, finendo tuttavia a 24 punti dall’ultima Juventus targata Conte; fece molto bene nel girone Champions chiuso con 12 punti che incredibilmente valsero soltanto la discesa alla competizione minore dell’Europa League, in cui terminerà la corsa agli ottavi per mano del Porto; vinse infine la coppa Italia nella triste serata di Roma che verrà ricordata per gli incidenti che portarono al decesso del tifoso azzurro Ciro Esposito.

Quel terzo posto valse la qualificazione ai gironi di Champions, miseramente fallita all’alba della nuova stagione, nella disfatta di Bilbao, sia per i disastri difensivi che per le scellerate scelte di Rafa di concerto con la società: in panchina Inler, in tribuna Pandev e Behrami, tutti in odore di cessione (alla fine il solo Inler resterà all’ombra del Vesuvio). Ragioni di mercato legate a doppio filo con il risultato dei preliminari: in caso di accesso ai gironi si sarebbe potuto fare affidamento sul ricco contributo dei premi Champions per investire e migliorare la rosa; eppure per raggiungere i gironi sarebbe necessario avere una rosa già completa e con alcuni di quei calciatori di qualità in grado di portare a casa la preziosa qualificazione. Ed invece tafazzianamente si finì per indebolire la squadra scesa in campo al San Mames privandola di alcuni pezzi pregiati.

Nato sotto la cattiva stella di Bilbao, il Napoli di Benitez versione 2014/15 si rese protagonista di un finale di stagione disastroso in cui furono falliti tutti gli obiettivi stagionali: quinto posto in classifica con 63 punti, con la Champions svanita all’ultima giornata nello scontro diretto con la Lazio, capace di imporsi al San Paolo (2-4); in Coppa Italia fu sempre la Lazio ad estromettere il Napoli dalla finale battendolo ancora una volta a domicilio (0-1); in Europa League il Napoli raggiunse le semifinali, battuto poi dagli arbitri e dal Dnipro. L’orribile stagione fu salvata solo in parte dalla vittoria della Supercoppa Italiana a Doha contro la Juventus, battuta ai rigori grazie alle prodezze del portiere brasiliano Rafael, per l’occasione in serata di grazia.

Benitez, ereditata da Mazzarri la Champions, ed aveva bucato per 2 anni di fila la qualificazione alla stessa Champions, causando un enorme danno d’immagine ed economico alla società del presidente Aurelio De Laurentiis, danno che i più quantificano intorno ai 100 mln di euro.

 

La rivoluzione Sarrista

Mister Maurizio Sarri arrivava al Napoli alla tenera età di 56 anni, dopo aver fatto tanta gavetta nelle serie inferiori e solo nell’ultimo triennio empolese affacciatosi al calcio che conta. Al tramonto del suo triennio in azzurro si è detto molto (e male) sulla gestione della rosa da parte di Mister Sarri e sui risultati raggiunti in Europa considerati scadenti. Ed allora ecco la carrellata di numeri che legheranno per sempre il nome del tecnico toscano, nativo di Bagnoli, al club azzurro.

  • In serie A il Napoli si è migliorato anno per anno raggiungendo le quote record di punti: 2015/16, secondo posto finale a quota 82 punti; 2016/17, terzo posto finale a quota 86 punti; 2017/18, secondo posto finale con la quota mostruosa di 91 punti.

Mister Sarri detiene i primi 3 posti della storia azzurra per punti: 91, 86, 82.

  • In Europa, nel 2015/16, gli azzurri vincono per la prima volta il girone a punteggio pieno, 18 punti, 6 vittorie su 6, 22 gol fatti, 3 subiti. Ognuno di questi numeri rappresenta un record stabilito e celebrato dalla stessa Uefa. Record ottenuto con le riserve, il Napoli B. Cammino poi fermatosi ai sedicesimi contro il Villareal. In coppa Italia non si va oltre i quarti di finale.

Mister Sarri primo ed unico tecnico azzurro a vincere un girone di Europa League, per giunta a punteggio pieno.

  • Nel 2016/17, il Napoli di Maurizio Sarri vince per la prima volta nella sua storia il girone di Champions League, battendo andata e ritorno il blasonatissimo Benfica. Agli ottavi di finale buonissima la prova contro il Real Madrid, con 2 primi tempi molto ben giocati all’andata e ritorno, in cui gli azzurri vanno in vantaggio per essere poi rimontati e battuti in entrambe le occasioni col punteggio di 3-1 grazie alle prodezze di singoli campioni di fama mondiale. Eppure restano negli occhi di tutti in special modo i 45 minuti al San Paolo in cui gli azzurri non faranno quasi mai vedere la palla ai blancos, mentre le tv di tutto il mondo inquadrano uno Zidane impallidito.

Mister Sarri primo ed unico tecnico azzurro a vincere un girone di Champions League.

  • Nel 2017/18, il Napoli va a prendersi i gironi di Champions battendo nel preliminare i francesi del Nizza (nessuna italiana ci era riuscita negli ultimi 5 anni), per poi decidere di concentrarsi quasi esclusivamente sul campionato. Si ricorderà il patto scudetto ed il tentativo di provare a vincere praticamente senza ricorrere al mercato ma puntando tutto sul lavoro, sulle conoscenze, sull’addestramento. Una vera ed assoluta novità per il calcio italiano. Ed i 91 punti finali in tal senso sono una grande vittoria, anche considerato di fatto “l’abolizione” del Var nel girone di ritorno. Arriverà un deludente terzo posto nel girone che significherà declassamento in Europa League, non senza prima dimostrare di essere superiore allo Shaktar Donetsk quasi a dire: “siamo più forti, ma vi facciamo passare perché non abbiamo tempo”. Al cospetto del fortissimo Manchester City di Guardiola, il Napoli di Sarri non sfigura, ritrovandosi dopo una prima terribile mezz’ora in cui gli azzurri sono completamente in bambola, per poi rimontare dal 3-0 fino al 3-2, sfiorando nel finale anche il pareggio.  Al San Paolo dopo una prima mezz’ora di grande calcio, gli azzurri sono in vantaggio per 1-0. Sarà il gravissimo infortunio di Ghoulam a cambiare la partita (2-4), complice un Mario Rui in forte ritardo di condizione ed assolutamente fuori dagli schemi. In Europa League il Napoli incrocia sulla propria strada i vicecampioni di Germania del Lipsia: al San Paolo ancora una volta il Napoli lascia strada agli avversari, quasi dimostrando scarso interesse per altre competizioni che siano il campionato; in Germania gli azzurri sbancano Lipsia ancora una volta dimostrando di essere più forti degli avversari ma di non avere tempo, sfiorando addirittura anche il gol dello 0-3 che avrebbe significato passaggio al turno successivo.

 

Maurizio Sarri riesce dunque a coniugare il bel gioco (il suo Napoli è universalmente riconosciuto come una delle squadre più organizzate e spettacolari d’Europa) ai risultati: 3 volte sul podio in serie A, 3 qualificazioni consecutive ai gironi Champions (mai successo nella storia azzurra); vittoria di un girone di Champions (mai successo) e vittoria di un girone di Europa League a punteggio pieno (mai successo).

Maurizio Sarri porta in dote la bellezza di 170 mln in premi Champions, dopo i disastri del biennio precedente, chiuso con -100 mln di Euro per mancata partecipazione alla Champions sotto la guida del pluridecorato Rafa Benitez.

 

E non finisce qui (citando il celeberrimo Corrado Mantoni): il bel gioco e la macchina perfetta messa su da Maurizio Sarri incide direttamente anche sul valore di mercato della rosa a disposizione del mister, nonché sul rendimento personale dei singoli calciatori.

 

Basti pensare ad alcuni casi emblematici:

  • Gonzalo Higuain, durante la gestione Benitez artefice di 17 reti in 32 partite della stagione 2014/15 e di 18 in 37 partite della stagione 2015/16, vede più che raddoppiare il proprio score mettendo a referto 36 reti in 35 gare alla prima stagione Sarriana, battendo il record di marcature appartenente a Nordhal dal lontano 1950. L’exploit dell’ex Real si trasforma in oro per le casse del Napoli, permettendo alla società di Aurelio De Laurentiis di realizzare una mostruosa plusvalenza: a fronte dei 40 mln spesi per prelevarne il cartellino, di cui a bilancio già ammortizzati per 24 mln e con valore residuo di 16, viene ceduto alla Juventus per l’intero valore fissato dalla clausola rescissoria di ben 94 mln.
  • Kalidou Koulibaly, di cui se ne intravede soltanto il potenziale, lasciando perplessi per le numerose amnesie e facendosi spesso preferire addirittura Britos, alle dipendenze di Sarri diviene uno dei migliori centrali difensivi al mondo: strapotere fisico, rapidità, capacità di uscire palla al piede, dribbling da mezzala consumata. Acquistato per 7,5 mln di euro dal Genk, alla fine del triennio del Comandante Sarri il valore di mercato di Kalidou viene stimato essere superiore ai 70/80 mln di euro da tutti gli operatori di mercato.
  • Jorge Luiz Frello Filho, meglio noto come Jorginho, 22enne centrocampista di belle speranze viene prelevato nel gennaio 2014 dal Verona per la cifra di 11 mln di euro. Alle dipendenze di Benitez viene mortificato nel centrocampo a due. Diviene simbolo del calcio Sarriano, come regista nel centrocampo a tre: capacità di dettare i tempi del gioco, alzare il pressing (spesso è l’uomo che sale di più in fase di non possesso), cucire i reparti, giocare a due tocchi, giocare corto (da sempre) e lungo (col passare degli anni). Sempre lucido, chiama sempre palla, non si nasconde mai, mostrando grande personalità e freddezza anche nel prendersi la responsabilità di andare sul dischetto da rigore in partite delicate contro formazioni di fama mondiale. Il regista atteso 30 anni alle pendici del Vesuvio, dai tempi di Ciccio Romano. Jorginho viene ceduto al Chelsea per una cifra superiore ai 60 mln di euro, per seguire il suo grande maestro Maurizio Sarri.
  • Marek Hamsik, il capitano azzurro, viene mortificato anch’egli dal tecnico madrileno sempre molto attento alla gestione della rosa, quasi più ossessionato dal pareggiare il minutaggio dei pari ruolo piuttosto che assecondarne lo stato di forma. Perde anche la sua proverbiale capacità di inserimento, risulta lento, impacciato e ne risente anche il suo score personale: nel primo anno alle dipendenze di Rafa per la prima volta non raggiunge la doppia cifra da quando indossa la maglia azzurra, solo 7 le marcature in campionato, nessuna nelle coppe; nel secondo anno sembra finalmente ritrovarsi, soprattutto nella seconda parte di stagione, tornando a segnare con regolarità nonostante lo scarso minutaggio concessogli dal mister, 13 le reti stagionali, suo record personale. Tornato faro del gioco, incomprensibilmente Benitez lo terrà fuori da Juventus-Napoli penultima di campionato e dalla semifinale di ritorno di Europa League (Dnipr-Napoli).

Con Maurizio Sarri allenatore, Marek ritrova se stesso, il piacere di giocare e divertirsi, si riscopre mezzala tuttofare e torna ad essere fondamentale: 38 presenze in campionato per ognuna delle 3 stagioni con il tecnico di Figline, record marcature nella seconda di esse (12 in campionato e 3 nelle coppe). Nell’ultima stagione vive un lungo periodo di appannamento, forse anche per il peso psicologico di riuscire a battere il record di marcature (115) del mito Maradona, cosa che avverrà: Hamsik è attualmente il miglior marcatore della storia del Napoli con 120 reti messe a referto.

  • Dries Mertens, è forse il capolavoro più riuscito di Maurizio Sarri. Fondamentalmente comprimario e riserva di Lorenzo Insigne nel ruolo di esterno sinistro a piede invertito, frizzante, rapido e tecnico, dotato di un dribbling secco e capacità di andare a rete con una certa continuità, poco altruista ed incline all’assist. Anche Sarri lo utilizza come riserva di Lorenzo da Frattamaggiore. Nella stagione 2016/17, segnata dall’addio di Higuain e dal gravissimo infortunio del neoacquisto Milik, lo scarso rendimento di Manolo Gabbiadini nel ruolo di prima punta costringono Mister Sarri a valutare delle soluzioni alternative. Mertens viene schierato da centravanti atipico, gli esterni vengono tenuti più dentro al campo per raffittire le trame di gioco grazie al grande talento palla al piede dei funamboli azzurri. Dopo alcune settimane di adattamento (complice l’infortunio anche di Albiol) esplode Dries Mertens: 28 le reti a fine campionato, superate di un solo punto da Dzeko centravanti di mestiere.Le marcature stagionali saranno invece 34 in 46 presenze complessive. Dries alla tenerà età di 29 anni si scopre centravanti vero, movimenti da centravanti consumato, con tecnica sopraffina e capacità di inventarsi gol dal nulla, attaccando l’area di rigore ed il primo palo su ogni pallone vagante. È nato e cresciuto il Napoli dei “piccoli”, il tridente dei piccoli. E nella stagione successiva i numeri sono ancora ottimi (18 reti in campionato, 22 in tutte le competizioni), seppur non eccezionali causa il surplus di lavoro e di fatica, dovendo giocare praticamente sempre, senza mai tirare il fiato, considerato il nuovo gravissimo infortunio di cui è vittima ancora una volta il polacco Milik.

 

Caro presidente De Laurentiis, la scelta di fare all-in sul campionato è stata di tutti, dirigenza e proprietà compresa. La perdita dei 15 milioni di euro lamentata per la mancata conquista degli ottavi di Champions l’ha ingolosita solo perché ha visto una Roma capace di arrivare alle semifinali quasi per caso, e forse avrà dimenticato l’avallo iniziale alle scelte condivise da tutti.

Così come certamente ha condiviso la scelta di Mister Sarri di puntare sul suo gruppo di lavoro, il che ha significato non fare mercato e quindi di puntare allo scudetto a costo zero.

Come si possono dimenticare i 170 mln di euro portati in dote da Maurizio Sarri con le 3 qualificazioni consecutive ai gironi di Champions, dopo la perdita di 100 mln causata da quel Benitez meritevole addirittura del saluto di commiato nella conferenza di addio?

Come si possono dimenticare i 94 mln incassati dalla cessione di Higuain ed i 60 da quella di Jorginho?

I 91 punti non sono stati utili a qualcuno. Sono stati utili a cullare un sogno fino alla fine. Quel sogno al quale la società avrebbe potuto contribuire fornendo al mister due scelte due nel mercato di gennaio. Ma questa è una società che non impara dai suoi errori, dai tempi di Mazzarri quando il suo prematuro Napoli fu in lotta con il Milan di Cassano e Van Bommel acquistati in gennaio, dai tempi di Grassi e Regini.

 

Perchè Mister Sarri, è appena il caso di ricordarlo, con i suoi soli 14 uomini (che lui ha fatto diventare fenomeni), ha vinto 2 volte il titolo platonico di campione d’inverno in 3 anni. Solo la miopia della società ed i giochi di palazzo gli hanno impedito di portare il tricolore sotto al Vesuvio.

 

I risultati sportivi ci sono stati, eccome se ci sono stati. E ci sono stati anche i risultati economici.

 

Sarri è stato maestro di calcio e di vita. E non solo.

 

Bel gioco = risultati = milioni.

 

Teorema dimostrato.

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