L’umoralità partenopea: tra pessimismo cosmico e “allegria”

 Di Valeria Iuliano

GLI SCHIERAMENTI IN CAMPO

I recenti risultati delle italiane in campo europeo hanno indotto gran parte della tifoseria azzurra ad un resoconto complessivo su quest’ultima stagione di Sarri e, in generale, sul suo operato triennale. I più critici ritengono che sia stato un fallimento annunciato quello di rinunciare ad una dimensione competitiva internazionale, dopo i passi avanti compiuti attraverso l’operato di Mazzarri prima e Benitez poi.
Diametralmente opposto è il pensiero di quelli che definisco “interdetti da tifo”, soggetti privi di capacità critica che, in uno status di “interdizione avanzata”, si trasformano in dispotici della peggior specie.
Tra i discendenti di Schopenhauer e i successori di Mike Bongiorno, prediligo una collocazione intermedia: né ottimisti né pessimisti sono i “consapevoli”.

I “CONSAPEVOLI”

La consapevolezza nasce dall’aver compreso punti di forza e di debolezza dei principali attori del Calcio Napoli (dirigenti, allenatori, giocatori etc.), i quali con ruoli più o meno principali contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi sportivi. La società si è dimostrata capace nella gestione contrattuale degli uomini più importanti sotto l’aspetto tecnico-tattico, ma anche dilettantistica e inefficace nella conduzione di trattative di mercato in un momento cruciale della stagione: visti gli infortuni e gli obiettivi dichiarati, è stato da incoscienti e menefreghisti non completare l’organico.
L’allenatore è il miglior tecnico in grado di valorizzare le individualità nell’ambito di un collettivo: uno di quegli allenatori con i quali trascorrerei intere giornate sul campo, magari intervallate dagli sventolamenti di qualche Arbre Magique (chiedo venia ai fumatori tifosi).
Al contempo, presenta limiti rilevanti per club di vertice: di tattica applicata (lettura della partita e scelte consequenziali), di gestione della rosa e di più competizioni, di comunicazione con i media etc.
Il Napoli presenta giocatori importanti per una certa espressione di calcio, data la grande tecnica che esprimono in rapidità i suoi giocatori e la sinergica collaborazione che gli stessi riescono a creare tra i diversi reparti di gioco: definirei la squadra di Sarri come un “collettivo individuale”, un’espressione corale di un’unità individuale (Sarri’s joystick).
Gli azzurri, però, presentano dei limiti strutturali, per i quali faticano ad affrontare squadre che basano tutto su duelli individuali di natura “atletica” più che tecnica. Quasi tutte le squadre europee hanno giocatori che, oltre ad avere mezzi tecnici rilevanti, fanno dello strapotere fisico la propria forza.

“ALL IN”

È per tutte queste ragioni che fare “all in” sul campionato, per quanto rischioso, sia stata la scelta più conveniente – in termini fisici e psicologici (non economici!) – per i principali protagonisti del Napoli.
La linea di demarcazione tra successo e fallimento è chiaramente labile, ma si dice che le “somme” si tirino “alla fine”…certamente non “fino alla fine”.

Napoli, 16 marzo 2018

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