UN AMICO E’ PER SEMPRE
È appena finito il Summer Camp dei portieri di Giacomo Zunico e Gennaro Iezzo. Giorgio esce dal campo con al collo, a mo’ di maglioncino, una maglia porpora.
Mi si avvicina, ormai è un ragazzone di 16 anni di 1,83 m., con una faccia seria.
Gli chiedo: ”Cos’hai al collo?” E lui di rimando: “Il mio premio, ho vinto la gara che assegnava la maglia del portiere del Cagliari”. In effetti l’avevo visto volare sotto il bombardamento dei Maestri, gli avevo visto togliere dalla porta un paio di palle con interventi miracolosi che mi avevano fatto sobbalzare.
Ma non mi ero applicato. Sapevo che per tradizione a fine stage c’era la solita gara in ballo. Ma era anche la prima volta che Giorgio la vinceva. Ma quest’anno tutto è cambiato: è sbocciato, fisicamente e mentalmente. E crescerà ancora. E’ partito tardi, ma ha preso la rincorsa.
Mi ero affacciato in campo per fare due foto, avevo incrociato Gennaro Iezzo che mi aveva subito chiesto di James: “Viene?”
Io avevo fatto spallucce, per dire che non lo so; piuttosto di rimando gli avevo indicato Giorgio che in campo palleggiava, lui che ha piedi da centrocampista.
“Come ti sembra?” Gli avevo chiesto. E lui, lapidario: “è portiere, tene ‘o fisico ‘e purtiere”.
Ero uscito dal campo cullato dalle belle parole di un grande ex portiere. Ma quando ho visto Giorgio uscire, ho visto più di un genitore darsi di gomito, indicandolo: “stu guaglione è forte forte”. “Chi, ‘o figlio ‘ro giurnalista?” Ed io zitto, a gongolare. Per anni ho mangiato pane amaro: le vedevo solo io le sue potenzialità. No, non è vero. C’era un altro che le vedeva eccome, e me lo diceva sempre.
Ci stavamo accomiatando, ma non senza aver salutato e ringraziato Giacomo Zunico. Perché l’altro era lui.
Guardo Giacomo e ammicco in direzione di Giorgio. Con lui non servono parole: Giacomo ha sempre creduto nel mio ragazzo. Adesso se lo coccola con gli occhi, soddisfatto. Cresce come lui aveva sempre pronosticato: “Questo cresce, ha stoffa, lasciatelo in pace, che Mamma Natura faccia il suo corso”. Parole sacrosante.
Ci avviamo finalmente alla macchina. Incrociamo all’ingresso Andrea Costanzo, la star del gruppo, di una classe inferiore a Giorgio (2004) e già in un club di serie A come il Cagliari. Era stato per qualche anno collega, rivale e compagno di Giorgio nella squadretta in cui erano cresciuti.
Io voglio molto bene ad Andrea. Nei racconti che scrivevo sulle gesta dei ragazzini lo avevo appellato “il giaguaro”, in omaggio a Castellini. Potente, coraggioso, esplosivo ed acrobatico. Bello come il sole, biondo con gli occhi azzurri, ragazzo splendido come la sua famiglia. “Andrea, facciamo una foto”. I due si abbracciano.
Li fotografo insieme come ai vecchi tempi, lo saluto con una carezza ed entriamo in macchina.
Mio figlio, che di solito è taciturno, mi sembra pensieroso, ma all’improvviso rompe il ghiaccio con una domanda, sempre la stessa: “Come mi hai visto quest’anno?” Ci tiene al mio giudizio, da sempre.
Io mi lancio in lodi sperticate, mostrando tutto il mio entusiasmo rispetto al suo cambiamento e lui mi frena subito: “non esagerare”.
Chi dice che la saggezza è degli adulti! Io mi difendo: “Giorgio, non puoi dire che sono esagerato (lo sono senz’altro! Ssssttt), perché in passato sono stato persino troppo critico, per spronarti a fare meglio”. Riflette un attimo, annuisce, e poi mi fa un discorsetto che mi lascia senza parole, che mi arriva dritto al cuore: “In effetti devo tutto a tre persone. A te che hai sempre creduto in me, anche quando io stesso non ero convinto, ma ora ci credo. A Lucio (il mister di quest’anno), che mi ha dato fiducia”. Lo correggo subito: “Insieme a Matacena (il DS)”. “Sì, anche lui, ma è Lucio che alla fine si è preso la responsabilità di farmi fare il titolare con quelli più grandi di me. E il terzo è…”
Io nella mia testa penso che dirà Giacomo Zunico, ma sorprendentemente non fa il suo nome: evidentemente lo dà per scontato, come un secondo padre sportivo.
Mi sorprende quando dice… “Andrea Costanzo”.
“Andrea?” Mi volto sorpreso: “Ma come, era il mostro che ti sbattevano sempre davanti agli occhi come l’essere irraggiungibile, ti hanno sacrificato a lui anche mortificandoti a volte!”.
“Sì papà. Ma non conta. Vedi, Andrea con me è stato un vero amico, mi ha sempre difeso, mi ha sempre protetto quando ero più piccolo degli altri con la sua forza fisica, con il fatto che era il più bravo di tutti, mi ha sempre spronato, mi diceva sempre di star tranquillo perché ero forte, era un rivale in campo che ammiravo con tutto me stesso, ma soprattutto era ed è un amico. Gli voglio bene, speravo di vederlo in questo campo estivo anche se lui ora sta a Cagliari tra i professionisti. Il premio lo ha portato lui, da Cagliari, è la maglia d’allenamento di Cragno. Ci tenevo a vincerla per Andrea, ho persino barato facendo incazzare gli altri portieri nella gara, inducendo il mister a tirarmi sempre a destra perché a sinistra avevo dolore. Questo non è un trofeo, è un ricordo a cui tengo quando lo vedrò giocare in serie A. Perché lui sarà sempre amico mio”.
Trattengo a stento una lacrima, mi sono commosso. Figlio straordinario, sarà portiere o no, non me ne frega niente, al diavolo i miei sogni di bambino, so di sicuro però che sarà un uomo migliore di me.
E Andrea è un ragazzo speciale, ha ragione Giorgio.
Faccio un tifo sfegatato per lui che ha investito tutto sul calcio lasciando la famiglia a 14 anni. Non vedo l’ora di sedermi davanti alla tv e vederlo parare in Serie A. Mi volterò a dire a tutti: quel ragazzo ci appartiene, è amico di Giorgio, adesso è un grande portiere, ma lo era sin da piccolo. Ed è un gran ragazzo. E’ sempre stato un Grande.
Da piccolo ha fatto ombra al mio Giorgino, ma gli ha regalato il sole della sua amicizia vera. E quegli occhi azzurri sono puri.
Se il calcio ha ancora dei Valori, allora Andrea ha diritto al suo spazio.
Vai Andrea. Sei tutti noi.
Napoli, 19 luglio 2019