TROPPE PARTITE? LA SOLUZIONE C’E’ (E NON E’ LA RIDUZIONE DELLE SQUADRE)

Da un po’ di anni a questa parte un po’ tutti (dai calciatori agli allenatori, passando per dirigenti, medici, giornalisti e tifosi) non fanno altro che lamentarsi del fatto che nel calcio moderno si giocano troppe partite, adducendo a questa spropositata quantità di gare il numero sempre più elevato di infortuni che, sempre più frequentemente, colpiscono le varie squadre.
Tra le varie soluzioni proposte quella più gettonata è quella di ridurre il numero delle squadre partecipanti ai campionati nazionali, dimenticando però che in tal caso non diminuirebbe soltanto il numero delle gare totali (dalle 380 attuali con venti squadre si passerebbe alle 306 in caso di campionato a diciotto squadre o alle 240 totali che si disputerebbero in un campionato con sole sedici squadre), ma anche quello dei proventi derivanti dai diritti TV (di per sé già in sensibile calo negli ultimi anni…), in quanto nessuna emittente televisiva pagherebbe la stessa cifra per acquisire i diritti televisivi di un campionato che conta 74/140 gare in meno in un anno.
Tra proprietari delle varie società sempre a caccia di soldi, calciatori e allenatori che, tramite i loro agenti/procuratori, sono alla ricerca di contratti sempre più ricchi e i tifosi che vorrebbero che la propria squadra del cuore faccia investimenti senza badare a spese, risulta alquanto difficile immaginare che la prospettiva di vedere ridotte ancora di più le entrate derivanti dai diritti televisivi possa essere accettata a cuor leggero.

A conti fatti, considerato che in caso di riduzione delle squadre che partecipano ad un campionato da venti a diciotto ogni singola squadra disputerebbe, in tutto, quattro gare in meno in campionato, tanto varrebbe lasciare inalterato il numero delle squadre (e con esso i proventi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi e, di conseguenza, i contratti dei calciatori, etc) e incentivare, senza “spargimenti di lacrime” da parte di alcuno, le “famigerate” rotazioni.
Tutti si lamentano che si gioca troppo, ma poi tutti (dai tantissimi allenatori che fanno giocare quasi sempre gli stessi perché hanno paura di cambiare, ai calciatori che protestano se vengono sostituiti anche a pochi minuti dalla fine o se, dopo aver giocato cinque gare consecutive dal primo minuto in dieci giorni, alla sesta finiscono in panchina, per finire a tifosi, giornalisti e opinionisti che danno dell’incompetente al povero allenatore di turno che osa sostituire un “big” anche a pochi minuti dal termine o che alla sesta gara in due settimane lo fa accomodare inizialmente in panchina al grido di “Tizio non si toglie mai dal campo” o “Caio deve giocare sempre, anche zoppo…”) vorrebbero che a giocare fossero quasi sempre gli stessi uomini! Numeri alla mano, basterebbe che ogni singolo calciatore, in un campionato, salterebbe 5/6 partite (con gli organici composti da venticinque elementi non sarebbe affatto un’ipotesi così peregrina…) per giocare meno gare di quante ne disputerebbe, giocandole tutte, in un campionato a diciotto squadre, senza dover necessariamente ridurre il numero delle squadre (e, pertanto, senza dover rivedere al ribasso i contratti televisivi e, di conseguenza, anche quelli dei calciatori!).

Invece di lamentarsi sempre delle troppe partite (quando poi, senza voler sfociare nel populismo, con quello che guadagnano i calciatori in Europa dovrebbero giocare anche tre volte a settimana, come accade ad esempio in Brasile dove, pur guadagnando decisamente di meno di quanto si guadagna in Europa, quest’anno la squadra del Flamengo, tra campionato brasiliano, campionato carioca, Copa do BrasilCopa Libertadores, Mondiale per Club, Recopa Sudamericana e Supercopa do Brasil, terminerà la stagione avendo disputato ben settantasei gare complessive, e se in Copa Libertadores, anziché essere eliminato agli ottavi, fosse arrivato fino alla finale le gare stagionali sarebbero state addirittura ottantuno!) ed invocare una riduzione del numero delle squadre (con tutte le conseguenze economiche che ciò comporterebbe), pensassero tutti ad accettare, finalmente, un uso più armonico e razionale dell’intero organico, anche perché avere rose di venticinque elementi e poi far ricorso quasi sempre agli stessi elementi, non solo è da stupidi ma è anche controproducente.

A cosa serve avere in organico (e pagare!) venticinque calciatori se poi in campo vanno quasi sempre gli stessi? Perché proporre di ridurre il numero delle squadre limitando così drasticamente la possibilità alle piccole realtà calcistiche (e ai loro tifosi) di potersi affacciare e misurare con il grande calcio quando poi, come visto, basterebbe ricorrere in modo più sensato e armonioso alle rotazioni per risolvere il problema?
Anzi proprio perché nessuno (dalle società ai calciatori) vuole veder ridotte le proprie entrate economiche, le gare da giocare in una stagione non solo non diminuiranno ma, al contrario, saranno destinate ad aumentare sempre di più, vedi riforma della Champions League che dalla prossima stagione annovererà due gare in più per tutti, e per alcune addirittura quattro, e introduzione del nuovo Mondiale per Club allargato a trentadue squadre, con cadenza quadriennale, che comporterà alle due finaliste altre sette gare da giocare in estate!
Per tali motivi, prima ci si rende tutti conto che le tanto vituperate rotazioni sono sempre più utili e necessarie, meglio sarà per tutti.
Con buona pace di chi, invece, vorrebbe riportare il calcio indietro di quarant’anni, con i campionati limitati a 16/18 partecipanti e le squadre composte da undici “titolarissimi” e 4/5 riserve!

Giuseppe Santoro

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