Di Umberto Chiariello
Non eravamo amici Luigi Necco ed io, neppure conoscenti, come lo ero invece con Scotti, Degni, Prestisimone, e lo sono con Carratelli, tutta la grande vecchia scuola.
Ci conoscevamo, e salutavamo (con simpatia, aggiungo, almeno da parte mia di sicuro) in tribuna stampa, o quelle rare volte che ci si incontrava, perché in questo ambiente ci conosciamo tutti.
Ma anche se a lui era ignoto, per me era un amico, come credo per tutti noi: è lo strano destino di chi entra nella tua casa attraverso il vecchio tubo catodico o i led attuali.
Diventa uno di famiglia.
E Luigi, che era un intellettuale, un archeologo prestato al calcio, e dal calcio ha ricevuto notorietà, gioie, ma anche dolori (per il calcio fu addirittura gambizzato ad Avellino), con la sua bonomia, il sorriso franco, le “tre pallette” che dedicava al collega di Milano nell’epoca della sfida maradoniana alle milanesi, in quel 90° Minuto che era il momento tanto atteso dagli italiani, di sicuro per noi napoletani era una colonna portante della nostra vita, come i dischi dei nostri ricordi, una figura indelebile della nostra gioventù.
Ma non era solo un’icona tv, non era il Tonino Carino della situazione, era anche un uomo di straordinaria cultura ed interessi variegati, un punto di riferimento del nostro TG e della nostra città.
Sapere che è andato via, ci rende tutti più soli.
Perché Luigi ci porta via un pezzo di vita che non tornerà più.
Già lo immagino col suo sorriso aperto, da lassù, di fianco a Maurizio Barendson e Paolo Valenti, guardare i ragazzi di Sarri e indicare con la mano il segno del tre, ironico e istrionico come sempre.
Non lo saprai mai, Luigi, ma ti ho voluto bene, e mi mancherai.
Ti sia lieve la terra.
Napoli, 13 marzo 2018