Morte Astori: proviamo a capirne di più

Intervista non autorizzata ad un medico sportivo

 

Pare che Astori sia morto per bradicardia: il cuore ha rallentato fino a fermarsi, una morte improvvisa.

“Nulla è definitivo: bisogna aspettare ancora i tossicologici.
Dopo tanti anni che faccio questo lavoro, molti mi conoscono, mi sono convinto che la morte improvvisa non esiste: diciamo che una su un milione non viene spiegata, ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta sempre di morti annunciate. Dovrebbe essere bravo il paziente-atleta a non nascondere un sintomo, ma venircelo a raccontare subito. Dovremmo essere altrettanto bravi noi a tradurre questo sintomo e a cercare di capire se c’è qualcosa che non va. Tutti ricorderanno Andrea Fortunato: è stato per diversi giorni, forse mesi, ad accusare stanchezza, una stanchezza strana. Chi lo doveva seguire, sottovalutò quel sintomo importante. Il padre di Andrea decise di sua iniziativa di fare delle analisi; uscì fuori la sorpresa, ma ormai erano passati due o tre mesi preziosi: non potremmo mai sapere se due mesi prima la storia sarebbe andata diversamente.
Per Morosini, che tutti ricordano, l’autopsia ha dimostrato che aveva avuto una miocardite post-virale (dopo un’infezione virale). Le miocarditi si presentano sempre con un affanno e una stanchezza strana. Lui, magari, per non perdere il posto in squadra e continuare a giocare non avrà detto niente. Purtroppo è andata a finire così.
Ora ‘sta storia della bradiaritmia è una spiegazione comoda per metterci per il momento tutti quanti tranquilli, ma credo che dal tossicologico uscirà (speriamo di no!) qualche uso di sostanze, qualcosa uscirà.
Io, se faccio un calcolo rapido, visito dai 3000 ai 5000 atleti all’anno, quindi mi permetto di dire che non sono proprio pochi e quando chiedi a chi viene a fare la visita ‘Stai bene? Hai problemi?’, la risposta è sempre ‘Sì, sto benissimo’. Mai nessuno, oppure uno su un milione dice ‘Beh, ho qualche fastidio’. Pur di avere quel benedetto pezzo di carta sarebbero capaci di passare sul cadavere della madre e non si fa così, perché nascondere dei sintomi può portare quell’atleta a conseguenze anche gravi. Domenica scorsa a Salerno una società podistica ha organizzato un memorial per tre atleti scomparsi. Uno di questi si venne a fare la visita da me e io gli dissi: ‘Ora devi fermarti, perché le cose non vanno bene. Dobbiamo cercare di capire che sta succedendo’. ‘Lei si sta sbagliando, sono fortissimo, devo correre la maratona. Lei non capisce niente’, così mi rispose. Non accettò il consiglio di fermarsi; andò purtroppo da un altro medico che lo tranquillizzò: dodici giorni dopo la visita presso il mio studio, morì. Non te ne accorgi, il Padre Eterno vuole mandarti questa saetta, pazienza, succede, io sono molto fatalista, ma quando sei stato avvertito è proprio criminale sottovalutare l’avvertimento e continuare a fare la preparazione per la maratona di Roma, che avrebbe dovuto fare dopo un mese. Per cui quelle che sembrano delle morti improvvise raramente lo sono: nella stragrande maggioranza dei casi l’atleta-paziente sa di avere dei problemi. Molti credono che la visita medica sia un pezzo di carta, una cosa veloce: quando sul campo in 35 minuti si fanno le visite mediche a tutta la squadra, sono tutti contenti; purtroppo poi c’è quell’atleta che bene non sta: la difficoltà di questo lavoro è proprio trovare quell’uno che deve essere escluso dall’attività sportiva”.

Come mai tanti ammalati di SLA sono stati calciatori della Fiorentina?

“Molte delle SLA pare siano dovute ad un abuso di certi farmaci. C’è stato un periodo di moda fra i calciatori di farsi una fiala di Muscoril la sera prima della partita. Io, per la verità, questa cosa non l’ho mai capita. Io ho bisogno di tutta la forza muscolare possibile, che un miorilassante per definizione riduce: non ha senso utilizzarlo prima della partita. Era certamente un effetto psicologico. Ho dovuto litigare con alcuni allenatori che pretendevano di applicare consuetudini, relative a quando giocavano, ai loro calciatori.
Quelli che si sono ammalati di SLA sono stati in cura da quei soliti medici: non ne farei un discorso di società calcistica, ma di pochi miei colleghi, ‘soliti’ aggiungerei”.

A cura di Valeria Iuliano

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.